Omelia Te Deum 2021
Cattedrale - Frosinone
Care sorelle e cari fratelli,
ci uniamo a tutte le nostre comunità che celebrano questa liturgia di ringraziamento al Signore per l’anno che volge al termine, mentre facciamo memoria di Maria Madre di Dio e Madre nostra. Vogliamo rendere grazie al Signore con lei, che accolse la grazia di Dio nell’annuncio della nascita del Salvatore. Per questo la invochiamo nella preghiera come “piena di grazia”. Il rendimento di grazie chiede a ognuno di noi di fermarsi davanti al Signore per riconoscere la sua presenza nella nostra vita e nel mondo. Quante volte il Signore si è avvicinato a noi e si è fatto presente nella storia, ma abbiamo fatto fatica a riconoscerlo, ad accogliere la sua mano tesa, il suo amore paziente, la cura con cui si rivolgeva a noi.
Forse si potrebbe dire: ma quando? Ma dove? È più facile lamentare l’assenza di Dio, il suo silenzio, che a volte ci appare quasi un abbandono. Quante volte ce lo saremo chiesti in questo tempo di dolore e di sofferenza. Quante domande ci avranno assalito davanti alla sofferenza e alla morte che hanno toccato in maniera così forte e persistente la nostra vita e quella del mondo.
Oggi, al termine di quest’anno, il Signore Iddio si rivolge a noi come quando parlò a Mosè nel deserto, durante quel cammino difficile tra l’Egitto e la Terra promessa, irto di problemi, di fatiche, di lamenti, di mancanza di cibo, di acqua: “Così benedirete gli Israeliti e direte loro: Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo sguardo e ti conceda pace”. Sì, il Signore ci benedice, ci fa cioè parte della sua vita, ci comunica la sua forza e il suo amore. Con la sua benedizione il Signore ci custodisce, ci mostra il volto, ci fa grazia, ci fa dono della sua presenza benevola, piena di amore gratuito, e, mentre rivolge a noi il suo sguardo, ci dona la pace che viene da lui, quella pace che ci doniamo l’un l’altro nella Liturgia Eucaristica. La benedizione di Dio avvolge la nostra vita, e noi siamo chiamati ad alzare lo sguardo verso di lui perché il suo volto ci illumini e ci comunichi la sua luce, ci dia speranza. Abbiamo davvero bisogno di questa benedizione, del bene che da essa proviene e vuole abbracciare la nostra vita e quella del mondo intero.
Oggi tuttavia non vorremmo solo ringraziare, anche se la gratitudine è il primo passo per condividere la gioia della presenza amorevole di Dio. Siamo chiamati a comunicare la buona notizia del Natale, un vero nuovo inizio per la vita del mondo. Lo fecero i pastori, pur avendo incontrato Gesù per la prima volta, perché altri potessero condividere lo stupore e la gioia di quel grande momento della storia. E’ la missione della Chiesa e di ogni comunità: vivere e comunicare la gioia e la buona notizia della presenza di Gesù, Parola di Dio fatta carne, venuto per assumere il nostro corpo, per dirci che Egli vuole salvare la nostra umanità tutta intera, non solo l’anima. Che bella questa notizia! A volte noi abbiamo un rapporto difficile con il nostro corpo, soprattutto quando ne scopriamo la fragilità e la debolezza o quando invecchia o è colpito dalla malattia o vediamo la morte abbattersi accanto a noi. Ebbene Gesù prende su di sé il corpo degli esseri umani per curarlo e salvarlo dalla morte eterna. Non ha fatto così già nella sua vita terrena quando soccorreva i poveri, si prendeva cura dei disprezzati e degli esclusi, guariva i malati, ridava la vita ai morti?
Il Vangelo dice che Maria “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Custodire e meditare, due verbi così importanti quanto dimenticati nella frenesia della vita di ogni giorno. Maria “custodiva” queste cose, cioè quegli avvenimenti che diventavano parole da custodire, fatti che contenevano un segreto di vita da comprendere, quindi da meditare, su cui soffermarsi. Cari fratelli e sorelle, la nostra vita scorre nella fretta, negli impegni. Non abbiamo mai tempo! Chiediamoci: quanto tempo dedichiamo a meditare sulla Parola che il Signore ci ha rivolto alla Messa della domenica o nella nostra comunità o nel cammino sinodale che stiamo facendo? Quanto resta nel nostro cuore di ciò che ascoltiamo? Per quanto tempo? Diventa il nostro modo di pensare e di agire o piuttosto sono parole come tante, che passano e si dimenticano? In fondo siamo in un mondo che spreca parole (soprattutto sui social!), a volte poco pensate e custodite. Ecco l’invito di questo inizio di anno, cari amici: custodiamo nel cuore e meditiamo la Parola di Dio, leggiamola, prendiamo in mano la Bibbia. Sia essa il nostro alfabeto, venga da essa la luce per capire noi stessi e il tempo in cui siamo, sia saggezza e intelligenza del vivere e del comunicare con gli altri. Sia la sorgente della nostra solidarietà e umanità. Solo così non saremo trascinati dall’istinto e dalle tante fake news o dagli influencer di varia natura e provenienza, che ci vogliono coinvolgere nel loro modo di pensare e di vivere. Che il nostro unico influencer sia davvero Dio che ci parla, ci protegge, ci illumina, ci guida e ci salva. E preghiamo anche per la pace, che domani celebreremo con tutta la Chiesa unendoci a papa Francesco, una pace che sia “dialogo” tra generazioni”, come dice il messaggio di quest’anno, una pace costruita con la pazienza e la forza del dialogo tra donne e uomini diversi per età, storia, cultura, uniti nell’unica grande famiglia umana di sorelle e fratelli, la famiglia di Dio.
+ Ambrogio vescovo
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Si legga anche la news dedicata Santo Natale 2021