Concattedrale di Ferentino
Venerdì 1° maggio 2020

 

Care sorelle e cari fratelli,

siamo qui nella nostra bella e antica concattedrale dei Santi Giovanni e Paolo, dove sono custodite le reliquie e la memoria del nostro patrono, il martire Ambrogio. Molte generazioni prima di noi hanno pregato qui, hanno cantato la loro fede e la gioia di essere con il Signore. Lo hanno fatto in tempi diversi, alcune volte anche in mezzo a calamità e devastazioni, come durante l’ultima grande guerra. La preghiera nasce sempre dal bisogno e si rivolge all’Altissimo per invocare la sua misericordia e il suo potente intervento.

Oggi anche noi siamo in un tempo difficile, tempo di una pandemia che ha messo a nudo la nostra fragilità, la nostra debolezza di esseri umani, che ha provocato morte e lutto, tristezza e dolore, che ci obbliga a tenere la distanza dagli altri quando vorremmo avvicinarci e abbracciarci. Nella distanza tuttavia oggi il nostro martire e patrono ci unisce ancor più. Vedo qui sui banchi le foto di molti di voi come segno di una presenza che ci unisce. Certo avremmo voluto essere qui fisicamente, accompagnare la sua effige mentre attraversava le nostre strade, mentre gli anziani lo salutavano dalle finestre o sulla soglia della loro casa, e tanti lo aspettavano nei vicoli e nelle piazze. Ma siamo lo stesso insieme, perché siamo il popolo di Gesù, i suoi discepoli, i suoi amici, che riscoprono la bellezza di onorare il nostro martire anche in questa forma. Per questo è come se fossimo tutti qui, perché è Sant’Ambrogio che oggi ci unisce attorno a Gesù, lui che ne è stato discepolo fino al dono della vita. Nella distanza, cari amici, scopriamo il bisogno di essere comunità, di essere vicini gli uni agli altri, soprattutto a chi oggi ha più bisogno di amore e solidarietà. Non dimentichiamo questo bisogno, anzi questa necessità. Noi siamo fatti gli uni per gli altri. Nessuno si salva da solo! La fede vive in un popolo, in una comunità, vive nelle intemperie e nelle gioie della storia, non solo dentro di noi o nel nostro piccolo mondo. Anche chi non può uscire e prega da casa, come i malati o gli anziani, è sempre unito alla sua comunità e alla Chiesa. Lo abbiamo esperimentato tutti in questo tempo unendoci attraverso la televisione o i social alle celebrazioni e alla preghiera di papa Francesco, del vescovo, dei nostri sacerdoti e di molti altri.

Ambrogio, ancora giovane e valoroso centurione, visse la tempesta della tortura e del dolore per la sua fedeltà al Signore, ma non rinunciò a seguire il Signore, che lo sostenne nella prova. Narra la storia della sua “passione”, che dopo essere stato gettato in carcere per un mese, fu nutrito dagli angeli: “Per un mese intero a colui, cui era stata negata la compagnia degli uomini, non mancò il cibo e il conforto degli angeli”. Cari fratelli, il Signore mandò gli angeli a confortare e nutrire Ambrogio. Oggi manda i suoi angeli a nutrire la nostra umanità fragile, piena di paure, sofferente e incerta. Ci immaginiamo che mandi i suoi angeli anche negli ospedali ad accompagnare i malati e coloro che li assistono, che a volte sono essi stessi gli unici angeli vicini a quei poveri malati. Ce li immaginiamo anche inviati nelle nostre case, soprattutto di chi è solo, negli istituti degli anziani, tra la gente provata dalla fame e dalla mancanza di lavoro, nelle carceri, tra le famiglie in difficoltà, tra i piccoli e i grandi. Penso anche che Dio mandi i suoi angeli lontano, in quei paesi dove la pandemia rischia di far morire tanta gente, come in Africa. Sì, l’angelo è il “messaggero” di Dio, colui che mostra la presenza di Dio e della sua Parola nella vita di ogni giorno, ma soprattutto nei momenti difficili indica la luce, la via del bene, aiuta a vincere il male, dona speranza. Non siamo soli! Gesù è con noi, come fu con il nostro martire nel tempo della prova.


Allora scopriamo di nuovo la gioia di essere insieme a rendere onore al nostro martire, che vorremmo ci aiutasse a vivere da veri cristiani, ascoltando il Signore e non noi stessi, facendo di questa festa vissuta in modo così poco usuale una vera occasione di rinnovamento del nostro cuore e della nostra vita. Non ripetiamo solo il ritornello: “andrà tutto bene”. Andrà bene se lo faremo andar bene, se ci impegneremo a cambiare noi stessi per poter così cambiare il mondo e intraprendere un modo nuovo di vivere tra noi e con gli altri, con lo sguardo largo di Dio sul mondo. Il Vangelo che sempre ascoltiamo in questa festa ci dice in modo semplice ed essenziale qual è il segreto della vita: per portare frutto si deve rinunciare un po’ a se stessi facendo spazio a Dio e al prossimo. Se ami solo la tua vita, la perderai, perché la vita si ama davvero se si dona. Del resto, a noi tutti la vita è stata donata da Dio e dall’amore di un uomo e una donna. Nessuno se l’è data da solo. Purtroppo, crescendo negli anni si dimentica facilmente questa semplice verità. Se lo ricordassimo, saremmo migliori, meno egoisti, più umani e renderemmo migliore il mondo. Allora, cari amici, non facciamoci travolgere dalla nostalgia del passato, ma neppure rimaniamo prigionieri del presente pur così doloroso. Il Signore viene a noi dal futuro, come dopo la resurrezione, quando disse ai discepoli che li avrebbe aspettati in Galilea. Il Signore ci aspetta e ha mandato il nostro martire per aiutarci ad andare da lui, per liberarci dalla paura, dalla tristezza, dal facile lamento, dalla inutile rabbia. Sia la vita di ognuno di noi dono generoso di amore e il Signore non ci lascerà soli, ma invierà i suoi angeli perché siano luce e protezione per tutti, a cominciare da chi oggi soffre più di noi per questa pandemia, siano speranza di guarigione e di pace per noi e per il mondo intero.

+ Ambrogio Vescovo

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Si legga anche l'articolo dedicato ai festeggiamenti Sant'Ambrogio 2020