Omelia Giovedì Santo 2024
Sorelle e fratelli, abbiamo ascoltato nel Vangelo di Giovanni che Gesù, “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Sì, questa cena, che il Signore ci ha lasciato come memoriale della sua morte e resurrezione, è il segno visibile del suo amore totale per noi. Dobbiamo avere coscienza del dono che viviamo quando le nostre comunità si riuniscono per celebrare la Liturgia Eucaristica, questa forza di amore estremo, così forte da rendere possibile ciò che nella vita sembra impossibile: essere uno in lui, nel suo corpo offerto per noi e nel suo sangue sparso per noi. Qui ritroviamo quell’unità tra noi e con tutta la Chiesa di Dio, segno visibile dell’unità della famiglia umana. Non siamo perciò soli in questa celebrazione. Non siamo neppure solo con la nostra comunità. Siamo come discepoli di Gesù, come suo corpo, una forza di amore e di unità nel mondo, inimmaginabile senza questa condivisone del cibo di vita eterna che ci nutre, la Parola e il Pane. Quanto è sorprendente e unica questa realtà!
Nel Vangelo di Giovanni è altrettanto sorprendente che il racconto dell’ultima cena, come usiamo chiamarla, non sia narrato come negli altri Vangeli, che riportano le parole di Gesù sul pane e sul vino, come avveniva nella cena pasquale ebraica. Giovanni invece si sofferma solo su quel gesto, che anche noi ripeteremo: Gesù che lava i piedi ai discepoli. Notiamo alcune particolarità di questo racconto. La prima. Gesù compie questo gesto in contrasto con la scelta di Giuda, che nella decisione di tradirlo manifesta il potere di divisione del diavolo, il potere del male, che entra nei cuori e se ne impossessa. Quel gesto vorrebbe così indicare qualcosa che può vincere la divisione e creare unità. La seconda particolarità: il gesto avviene non all’inizio, com’era consuetudine, perché gli invitati venivano da strade e sentieri polverosi, a volte senza calzature, e il primo gesto di chi invitava era di dare sollievo al corpo dell’ospite lavandogli i piedi. Il fatto che Gesù si alzi da tavola a un certo punto del pasto vuole sottolineare quel gesto come qualcosa di straordinario e inaspettato. E non è detto che i loro piedi non fossero già stati lavati all’inizio! Infine, la terza particolarità: tutto avviene con semplicità e insieme solennità, indicando gesti di Gesù scontati e quindi in un certo senso superflui nella narrazione. Ma ciò esprime l’attenzione e la premura di Gesù per quanto si appresta a compiere. Si alza, depone le vesti, prende l’asciugamano e se lo cinge alla vita, versa acqua nel catino e comincia a lavare i piedi dei discepoli. Sembra quasi un’azione liturgica, non un gesto qualsiasi. Lo dice anche il suo sedersi dopo la lavanda, gesto solenne, tipico di Dio che siede sul trono regale per il giudizio. Gesù immortala ciò che sta per compiere verso l’umanità, rappresentata da quei discepoli, nell’offerta della vita per loro e per noi.
Dopo l’opposizione di Pietro, risalta ancora di più il senso e le conseguenze del suo gesto: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”! E poi alla fine dice: “Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Signore e il Maestro, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Sorelle fratelli, capite quello che Gesù ha fatto e continua a fare? Il gesto che ripeteremo in maniera simbolica non è sufficiente. Qui l’invito di Gesù non è solo un gesto, perché nel gesto si nasconde la vita, si nasconde il senso profondo dell’Eucaristia che noi celebriamo, fonte e culmine della vita cristiana. Ne siamo consapevoli? Noi, che a volte ci crediamo maestri, difendendo le nostre ragioni, abitudini, convinzioni, siamo maestri bel servizio umile ai fratelli e alle sorelle, nella scelta di abbassarci, nella tenerezza dell’amore per gli altri, senza sempre giudicare e scegliere chi aiutare e chi escludere? Quante volte lo facciamo sentendoci giudici degli altri. Il male della divisione è forte e si nasconde dietro tante piccole scelte quotidiane, a cui cediamo: giudizi, parole dette e scritte, indifferenza, disprezzo, prepotenza, violenza. Che cosa significa per ognuno di noi, per questa comunità, lavarci i piedi gli uni gli altri? Oppure noi scegliamo di lavarli a chi ci pare? Gesù li lavò anche a Giuda, nonostante sapesse che lo avrebbe tradito. Eppure, proprio per questo, volle consegnare a quei discepoli in quel gesto la forza che avrebbe potuto vincere il male. Oggi lo consegna a noi, indicandoci la pazienza di quel gesto, la pazienza di un amore che unisce e vince il male e persino la morte.
In quel gesto si racchiude anche la libertà verso cui il Signore ci conduce, come ha condotto il suo popolo Israele dalla schiavitù dell’Egitto alla terra. Tuttavia, bisogna lasciarsi guidare, e noi siamo chiamati a seguire ascoltando il Signore che ci parla. E quella libertà fu per un popolo, e solo nel popolo ognuno fu liberato, ma dovette camminare senza perdersi in nostalgie e recriminazioni, alzando gli occhi per guardare avanti, con la visione di qualcosa che ancor stava davanti a lui. Oggi, cari fratelli e sorelle, nell’Eucaristia che poi deporremo nell’altare della reposizione per raccoglierci in adorazione e preghiera, traiamo forza di amore e di unità, libertà dal nostro io per ritrovarci in un popolo, le nostre comunità, la Chiesa di Cristo. Grazie, Signore, per questo cibo che non perisce e che salva. Grazie perché in esso troviamo speranza e pace per la nostra vita e per il mondo. Fa che ci possiamo sempre nutrire di esso fino al compimento del nostro pellegrinaggio terreno e che possiamo essere ogni giorno servi umili della stessa tenerezza e cura con tu stesso circondi la nostra vita.
+ Ambrogio Vescovo
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Si può consultare la news dedicata alla Settimana Santa e Pasqua 2024
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