Omelia Domenica della Parola 2022
Cari fratelli e sorelle,
celebriamo oggi la domenica della Parola, la festa della Parola, perché quando ascoltiamo la Parola di Dio per noi è festa, festa dello spirito e del cuore, perché la Parola di Dio, come avvenne quel giorno a Gerusalemme con Esdra, sacerdote e scriba, ci fa alzare lo sguardo da noi stessi, ci fa tendere l’orecchio, perché ascoltandola possiamo cambiare noi stessi e il mondo. Che solennità quel giorno a Gerusalemme! Che festa davanti a quel rotolo che veniva letto di nuovo dopo la ricostruzione della città. Dice la Bibbia che quel giorno “tutto il popolo si radunò come un sol uomo”. Sì, la Parola di Dio crea unità, comunione, fa “uno” di tanti diversi, perché tutti guardano ad essa e così le nostre differenze e divisioni trovano unità pur nella diversità di ognuno. Ecco il segreto di questa Parola, cari fratelli e sorelle, segreto di unità e di umanità, luce di saggezza e di speranza in una città che ancora portava i segni della distruzione.
In un mondo difficile, sofferente, e costellato di divisioni e inimicizie, dove la guerra e le minacce di guerra sono numerose, non abbiamo bisogno di ritrovare unità? In questa settimana, in cui siamo chiamati a pregare per l’unità dei cristiani, nella Parola di Dio già condividiamo un’unità che può essere seme di pace e concordia per il mondo. Le parole che l’apostolo Paolo ha rivolto alla comunità di Corinto, dove stava mettendo radici proprio la divisione, ci aiutano a riscoprire l’origine e il senso della nostra unità: “Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo… Ora voi siete il corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra”. Cari amici, siamo consapevoli di questa realtà che già viviamo con il battesimo e che si rinnova ogni volta che ci riuniamo con le nostre comunità, soprattutto quando ascoltiamo la Parola di Dio e ci nutriamo del corpo di Cristo? Siamo consapevoli che ancora siamo parte di un corpo troppo diviso, dove la ricchezza delle diverse membra non è riconosciuta come parte della vita e della bellezza del corpo, ma a volte diviene motivo di contrapposizione e di competizione? In questo tempo di pandemia non abbiamo accettato troppo passivamente che la distanza fisica diventasse anche distanza di interesse e di amore per gli altri? Dove è finita l’unità del corpo, di cui noi viviamo come discepoli del Signore?
Ci sono risposte a questi interrogativi, che è bene porsi proprio oggi perché la Parola di Dio non ritorni a Lui senza avere operato ciò per cui è stata mandata? L’episodio narrato dall’evangelista Luca ci aiuta a trovare la risposta. Gesù va a Nazareth nella sinagoga per la preghiera del Sabato, l’ultimo giorno della creazione secondo l’inizio della Bibbia, giorno in cui l’uomo riconosce che tutto vive in Dio. Nella preghiera del Sabato si usa leggere un brano della Torà, il nostro Pentateuco, e un brano dei profeti. Era uso che uomini autorevoli potessero proclamare la Parola di Dio e spiegarla. Così fece Gesù, uomo certamente noto per la sua saggezza. Egli, attraverso le parole del profeta, spiegò la sua missione nel mondo, ciò per cui era stato consacrato e inviato: “Portare il lieto annuncio ai poveri, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi, proclamare l’anno di grazia del Signore”. La sua esistenza terrena fu proprio questo, come leggiamo dai Vangeli. Essa si potrebbe riassumere in quell’anno di grazia, quel tempo della misericordia e dell’amore gratuito di Dio, che guarisce ogni malattia, libera dal male, si prende cura dei poveri e degli esclusi. La grazia, la gratuità dell’amore di Dio, è la risposta alla nostra domanda di vita, di perdono, di speranza, di unità, di pace. Coloro che lo ascoltarono rimasero sorpresi da quelle parole, non solo perché Gesù si era identificato in esse, ma soprattutto perché sembrava impossibile che ci fosse bisogno solo di “grazia”. Cari fratelli e sorelle, oggi vogliamo accogliere quella grazia che viene dalla Parola di Dio, che in Gesù raggiunge la sua pienezza, Lui Parola di Dio fatta carne, perché la nostra vita e quella del mondo siano illuminate, perché tutto possa cambiare, perché la Parola di Dio non torni a Lui senza effetto, senza aver adempiuto ciò per cui l’ha mandata. Quella Parola che ascoltiamo sia allora per noi luce di fede, di speranza e di carità, perché il mondo cambi e la grazia inondi i cuori e cambi la storia. Possa la Parola di Dio renderci tutti donne e uomini che, meditando e leggendo la Bibbia, riscoprano la gioia e la forza di essere suoi ascoltatori attenti. Cari fratelli e sorelle, non lasciamoci dominare dalla paura e dalla tristezza; preghiamo perché “la gioia del Signore sia la nostra forza”, come fu quel giorno a Gerusalemme ascoltando la Parola di Dio.
+ Ambrogio Vescovo
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Si legga anche la news dedicata Domenica della Parola 2022: il 23 gennaio