05 nov 2024Martedì 5 novembre 2024
Cattedrale


Fratelli e sorelle, siamo insieme in questa cattedrale per pregare per i vescovi, i presbiteri e i diaconi defunti. Essi furono parte del nostro popolo, ciascuno nella specificità del suo ministero al servizio del Signore e della porzione di popolo loro affidato. Tutti avevano ricevuto l’invito del Signore a prendere parte alla gioia del suo banchetto, quel banchetto che rappresenta l’Eucarestia e insieme il banchetto del Regno di Dio. Ciascuno di loro, in tempi e modi diversi, ne sono stati servi e hanno invitato e accolto altri, perché tutti potessero goderne la felicità. Così hanno reso possibile la vita e la crescita di quel popolo di cui facciamo parte anche noi, grazie al loro impegno e alla loro generosità.

   E’ sempre stato un popolo variegato. Forse oggi potremmo un po’ rattristarci perché lo vediamo a volte più piccolo, meno appassionato del passato, in cui le distanze, le solitudini e gli egoismi hanno reso più difficile essere insieme, aiutarsi e aiutare gli altri. Eppure la loro memoria, e penso soprattutto ai due vescovi che mi hanno preceduto, Angelo Cella e Salvatore Boccaccio, ci lasciano la loro eredità e il loro diverso carisma di amore per la Parola e per i poveri, sempre parte importante del nostro essere popolo di Dio, che include e accoglie soprattutto i piccoli e i poveri.

   Non dovremmo anche noi prendere più alla lettera il Vangelo che abbiamo ascoltato? Francesco d’Assisi di fronte a questo Vangelo ci chiederebbe di riscoprire un Vangelo sine glossa, senza le nostre aggiunte che lo riducono alla nostra misura, e oggi uscire per le strade, i luoghi dove la gente vive, e far entrare gli uomini e le donne, a cominciare dai poveri, nella casa di Dio. Quante esclusioni dovute forse alla pigrizia, al giudizio, a quell’abitudine che ci fa accontentare di chi c’è, magari lamentandosi per chi non c’è, senza la pazienza della ricerca, del dialogo, della carità, della necessità di cominciare dall’inizio non dando per scontato nulla. Ognuno di noi ha le sue fatiche e i suoi limiti umani, ma oggi siamo chiamati a non disperdere l’eredità che abbiamo ricevuto e che dobbiamo far vivere in questo tempo difficile. Il mondo ha bisogno del Vangelo, della buona notizia che dà speranza e aiuta a vivere in pienezza e non nella chiusura del proprio io, magari con tristezza e rabbia. 

   L’Apostolo Paolo, in un momento difficile della sua vita, esorta i filippesi a “rivestirsi dei sentimenti di Cristo Gesù”, che si umiliò fino ad assumere la nostra condizione umana per servirci e rendere così possibile la trasformazione della nostra condizione umana. Solo l’umiltà rende possibile servire e non rimanere fuori a guardare le cose che passano con un senso di impotenza e di smarrimento, che non fa crescere né noi stessi né l’umanità del popolo a cui apparteniamo. Umiltà e mitezza sono due sentimenti che il Signore stesso propone come il suo modo di essere fra noi, lui che è “mite e umile di cuore”.  A volte si vive con arroganza, giudicando gli altri e sentendosi migliori, così, invece di costruire un mondo fraterno e comunità accoglienti, ci condanniamo a vivere in chiesuole fatte di gruppi e partiti che si contrappongono e danno un’immagine triste del nostro essere parte del popolo di Dio. La Parola di Dio è chiara su questo aspetto del vivere e del convivere: umiltà e saggezza vanno di pari passo, mentre arroganza e stupidità si accompagnano sempre. Accogliamo allora l’invito dolce dell’Apostolo a rinvertirci dei sentimenti di Cristo Gesù, perché le nostre comunità siano un luogo dove vivere insieme da sorelle e fratelli.

   La memoria di coloro che ci hanno preceduto nel ministero dell’ordine sacro ci incoraggi ad essere sempre umili servi della vigna del Signore, perché essa dia frutti di amore e di pace per tutti. Perché la casa di Dio sia piena occorre anzitutto tenere le porte aperte, perché tutti possano essere accolti e trovare ristoro per la loro vita. Solo così potremo essere parte di quella famiglia universale che il Signore ha sempre voluto e che ci lascia come immagine da costruire fin da oggi ogni giorno con la pazienza dell’amore e la saggezza dell’umiltà. Affidiamo alla misericordia di Dio i vescovi, i presbiteri e i diaconi di questa nostra diocesi, perché possano godere la beatitudine eterna. Affidiamo a lui anche i defunti a noi cari, che siano parte della gioia eterna del Paradiso.



+ Ambrogio Vescovo



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Qui l'elenco completo degli interventi e delle omelie del Vescovo Ambrogio:

https://www.diocesifrosinone.it/documenti/vescovo-spreafico/